Mafia, Messina Denaro nega di aver fatto uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo
Non si sarebbe sottratto all’onere del rapimento, ma per quanto riguarda la decisione di uccidere il bambino avrebbe scaricato la responsabilità su Giovanni Brusca
Matteo Messina Denaro, il capomafia di Castelvetrano arrestato lo scorso 16 gennaio dopo 30 anni di latitanza, avrebbe negato l’accusa, come racconta un servizio di Laura Spanò sul notiziario di Tgs di oggi, di avere fatto uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino prima sequestrato e poi sciolto nell’acido dalla mafia. Messina Denaro in qualche modo non si sarebbe sottratto all’onere del rapimento, ma per quanto riguarda la decisione di uccidere il bambino avrebbe scaricato la responsabilità su Giovanni Brusca, il boss di San Giuseppe Jato poi diventato a sua volta collaboratore di giustizia. Nel servizio Laura Spanò riferisce anche che i carabinieri avrebbero trovato un quadro a casa dei due coniugi arrestati nei giorni scorsi a Campobello di Mazara, donato dal boss Messina Denaro. Dietro il quadro c’è infatti una dedica a Lorena Lanceri, arrestata assieme al marito Emanuele Bonafede. I due sono accusati di essere stati i vivandieri del boss e di averne favorito la latitanza. «A Lorena, una donna ma soprattutto un’amica mia», scrive Matteo Messina Denaro nella dedica alla donna, cui sarebbe stato legato sentimentalmente. La stessa Lorena Lanceri parla del quadro in una lettera a un’amica. E in un «pizzino» trovato a casa di Rosalia Messina Denaro, sorella di Matteo, assieme ad altre spese sostenute dal boss durante la latitanza si legge la somma di 500 euro accanto alla voce «quadro». Il ritrovamento costituisce un'ulteriore prova a carico dei due coniugi. Rosalia Messina Denaro non lascerà il carcere dove si trova dal 3 marzo con l’accusa di associazione mafiosa. Lo ha deciso il tribunale del Riesame di Palermo che ha respinto l’istanza di scarcerazione presentata dai legali della donna e l’ha condannata al pagamento delle spese. Rosalia Messina Denaro è accusata dai pm della Dda di aver gestito la cassa del clan e la rete delle comunicazioni del fratello durante la sua latitanza. Decine i pizzini trovati nella sua abitazione di Castelvetrano e di Campobello di Mazara. Uno dei bigliettini scoperti dai carabinieri del Ros, a dicembre, mentre piazzavano una microspia nella casa della Messina Denaro, nascosto dentro l’intercapedine di una sedia, ha dato input all’indagine che ha portato alla cattura del capomafia. L’inchiesta è coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall’aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Piero Padova e Gianluca De Leo.
Matteo Messina Denaro, il capomafia di Castelvetrano arrestato lo scorso 16 gennaio dopo 30 anni di latitanza, avrebbe negato l'accusa, come racconta un servizio di Laura Spanò sul notiziario di Tgs di oggi, di avere fatto uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo, il figlio del pentito Santino prima sequestrato e poi sciolto nell'acido dalla mafia. Messina Denaro in qualche modo non si sarebbe sottratto all'onere del rapimento, ma per quanto riguarda la decisione di uccidere il bambino avrebbe scaricato la responsabilità su Giovanni Brusca, il boss di San Giuseppe Jato poi diventato a sua volta collaboratore di giustizia.
Nel servizio Laura Spanò riferisce anche che i carabinieri avrebbero trovato un quadro a casa dei due coniugi arrestati nei giorni scorsi a Campobello di Mazara, donato dal boss Messina Denaro. Dietro il quadro c'è infatti una dedica a Lorena Lanceri, arrestata assieme al marito Emanuele Bonafede. I due sono accusati di essere stati i vivandieri del boss e di averne favorito la latitanza. «A Lorena, una donna ma soprattutto un'amica mia», scrive Matteo Messina Denaro nella dedica alla donna, cui sarebbe stato legato sentimentalmente.
La stessa Lorena Lanceri parla del quadro in una lettera a un'amica. E in un «pizzino» trovato a casa di Rosalia Messina Denaro, sorella di Matteo, assieme ad altre spese sostenute dal boss durante la latitanza si legge la somma di 500 euro accanto alla voce «quadro». Il ritrovamento costituisce un'ulteriore prova a carico dei due coniugi. Rosalia Messina Denaro non lascerà il carcere dove si trova dal 3 marzo con l'accusa di associazione mafiosa. Lo ha deciso il tribunale del Riesame di Palermo che ha respinto l'istanza di scarcerazione presentata dai legali della donna e l'ha condannata al pagamento delle spese.
Rosalia Messina Denaro è accusata dai pm della Dda di aver gestito la cassa del clan e la rete delle comunicazioni del fratello durante la sua latitanza. Decine i pizzini trovati nella sua abitazione di Castelvetrano e di Campobello di Mazara. Uno dei bigliettini scoperti dai carabinieri del Ros, a dicembre, mentre piazzavano una microspia nella casa della Messina Denaro, nascosto dentro l'intercapedine di una sedia, ha dato input all'indagine che ha portato alla cattura del capomafia. L'inchiesta è coordinata dal procuratore di Palermo Maurizio de Lucia, dall'aggiunto Paolo Guido e dai sostituti Piero Padova e Gianluca De Leo.
Mafia, Messina Denaro nega di aver fatto uccidere il piccolo Giuseppe Di Matteo